Dodici La Serie – Episodio 12

1 ottobre 2013,

Manhattan, New York City, New York

 

Svuotare la stanza riportò alla luce cose che sembravano perdute, o che giacevano dimenticate tra i libri sugli scaffali, o anche nascoste negli anfratti dell’armadio, come la sua maglietta preferita che era stata convinta di non rivedere mai più, e che invece due giorni prima aveva sistemato in uno scatolone. L’aveva ritrovata dopo più di un anno. Era rimasta vittima di una caduta accidentale, precipitando dietro un cassetto, in uno di quegli angoli delle case che diventano una sorta di forzieri, i cui tesori vengono scoperti solo in occasioni particolari, come i traslochi. Il materasso nudo sul letto, adesso che non c’era neppure un lenzuolo a coprirlo, non poteva far altro che raccontare delle lunghe notti trascorse tra risate e carezze, con lui. E anche di momenti meno piacevoli, le ore prima degli esami più difficili, con la paura di fallire, o i rari episodi in cui aveva litigato con Michelle e si era barricata in camera sua per evitarla. Per fortuna, però, considerato il grande affetto che entrambe avevano maturato l’una nei confronti dell’altra, erano riuscite a risolvere sempre in un baleno ogni problema.

Sarebbe stato strano non vivere più con lei? Non sentirla più suonare la chitarra, provare i brani, vederla apparire sulla sua soglia per chiedere opinioni sulle sue nuove composizioni?

Per la prima volta, dopo quattro anni, l’odore penetrante delle sue tinte per capelli non avrebbe invaso la casa a partire dalle nove del mattino ogni terza domenica del mese. A pensarci, questo particolare non le sarebbe mancato di certo. La puzza di ammoniaca restava appiccicata alle pareti per ore.

Due braccia forti e familiari la cinsero da dietro, baciandola sulla guancia. – Tutto bene, piccola?

– Stavo guardando questo posto – disse, indicando intorno. – Adesso ha un’aria così bizzarra, non trovi?

Avevano già portato la sua libreria e la maggior parte degli scatoloni nel nuovo appartamento. Restavano solo l’armadio vuoto e il letto con il solo materasso, già presenti lì dentro da prima del suo arrivo.

– Le stanze vuote fanno sempre un effetto strano. O sembrano troppo grandi, o troppo piccole.

Notò che la ragazza aveva tra le braccia l’unico pacco rimasto, allungò le mani, perché glielo lasciasse. – Dammi, ci penso io.

– Anche questo? – chiese, con un mezzo sorriso. – Non ho praticamente mosso un dito per questo trasloco.

– Certo che sì, hai messo via tutto da sola. Il minimo che possa fare è occuparmi degli scatoloni. – Prese il pacco, la baciò sulle labbra, e si avviò alla porta d’ingresso. – Porto questo nel furgone, e poi siamo pronti.

A queste parole, sentirono entrambi un forte lamento. Uscirono dalla stanza e videro Michelle, in ogni mano un fazzoletto stropicciato, gli occhi arrossati. – Allora… avete p-preso tutto?

Lui rise. – Ritorno tra cinque minuti.

– Amore, sicuro di non volerlo lasciare a me?

– Sicurissimo – rispose, poi si diresse fuori dall’appartamento, gridando da lontano. – Tu occupati di lei!

Si voltò a guardare Michelle, scossa ancora dai singhiozzi. – C-ci siamo.

Annuì, allargando le braccia, e l’altra ci si fiondò in mezzo. La strinse.

– Mi ero abituata alla tua presenza, sai?

– Questo è il tuo modo per dirmi che sentirai la mia mancanza? – disse, scompigliandole i capelli.

– Non troverò mai una coinquilina come te – sospirò Michelle, asciugandosi gli occhi. Sentì la gola stringersi.

– Sono sicura di sì.

– Vuoi davvero andare a vivere con un maschio?

– Adesso è così che ti riferisci a me, un maschio? – fece lui, ricomparendo in casa, adesso a mani vuote, dopo aver lasciato l’ultimo scatolone in cima a tutti gli altri, sul retro del furgone. Sul viso un sorrisetto. – Solo ieri mi chiamavi ancora Ray!

– Ieri non stavi portando via Angel. – Michelle incrociò le braccia. – Oggi sei il distruttore del nostro equilibrio.

– Michelle, andiamo a vivere a un quarto d’ora di taxi da qui – disse, esasperato.

– Sedici minuti – corresse lei. – Quarantaquattro a piedi.

– Scommetto che riusciremo a superare questo ostacolo. Vero, Angel? – domandò, rivolgendosi a lei.

– Ci vedremo tutti i giorni – assicurò annuendo.

– Forse all’inizio – sospirò Michelle, teatrale. – Poi, però, ci vedremo a giorni alterni, e dopo, una volta alla settimana. Passeremo a una volta al mese. E alla fine ci incontreremo per caso in mezzo alla strada, e io dirò “Hey, quella vecchietta laggiù è proprio Angel, la mia coinquilina dei tempi del college? Sono anni che non la vedo”.

– Sapevi che prima o poi io ed Angel saremmo andati a vivere insieme – disse Ray, le mani sui fianchi.

– Be’, potevate anche mollarvi, non si sa mai come vanno queste cose – scherzò Michelle, tirando su col naso.

– Starai bene? – chiese il ragazzo, chinandosi per guardarla in viso. – Potrai venire a trovarci ogni volta che vorrai.

Michelle annuì, soffiando sonoramente in uno dei fazzoletti che teneva in mano.

– Magari prima facci un colpo di telefono. Non vogliamo certo ripetere l’incidente della doccia, giusto?

Angel ridacchiò, e Michelle gli riservò una smorfia disgustata. – Ho ancora gli incubi per quella volta.

– Esagerata – fece lui, alzando gli occhi al cielo. – Dopotutto, io ho un gran bel sedere.

Michelle fece finta di trattenere un conato.

– E poi è successo solo quella volta, in quattro anni non mi sembra un cattivo risultato. – Ray si grattò il mento, riflessivo.

– Avrei preferito non vederlo mai. – aggiunse Michelle. – Gli uomini nudi sono orripilanti.

– Tu che dici, piccola? – Ray si voltò a guardare Angel, divertito. Lei rise.

– Dissento. Sei bellissimo, nudo.

– Non ho altro da aggiungere, Vostro Onore – disse lui, facendo un cenno verso Michelle, che lo guardò nauseata.

– Volete farmi vomitare sulla moquette?

Ray abbracciò Michelle. – Grazie per avermi ospitato qui durante i weekend lontani da Yale.

– Grazie per essere stato un ospite fastidioso e chiassoso.

– Ti voglio bene anch’io.

Michelle gli diede un buffetto sul viso, poi si rivolse ad Angel.

– Ci vediamo domani alle prove della band, allora?

– Ci vediamo domani.

Le due ragazze si abbracciarono un’ultima volta, e Ray notò che anche gli occhi di Angel si erano arrossati. Michelle li scortò alla porta, vedendoli sparire dentro l’ascensore.

Le porte si chiusero sulla sua figura che li salutava con la mano. Ray l’abbracciò, e lei appoggiò la testa alla sua spalla. – I traslochi sono sempre duri, eh?

Lei annuì, e lui le asciugò le lacrime con le dita. – Sono stata bene qui – disse alzando il viso verso quello di Ray. – Però non vedo l’ora di iniziare la nostra vita insieme.

– Sono talmente felice da non riuscire quasi a credere che sia vero.

Angel appoggiò la mano su quella di lui, ancora sul suo viso. – Una casa tutta nostra.

– Dove non dovremo più preoccuparci del rumore – disse il ragazzo, con aria sognante. Poi le lanciò un’occhiata piena d’amore, che le fece battere il cuore. – E dove non dovrò mai più dormire lontano da te.

 

Il nuovo appartamento si trovava a Midtown, in Gold Street. Era al tredicesimo piano di un palazzo dai mattoni giallini. Alla base c’era una famosa pizzeria napoletana, e l’atmosfera del nuovo quartiere sembrava molto vivace. Gli operai della ditta di traslochi scaricarono gli ultimi pacchi e montarono il letto. Nei giorni successivi sarebbero arrivati l’armadio, i comodini, il pianoforte e il divano.

Una volta rimasti soli, Ray si armò di detersivi, spray per la polvere e stracci, e passò alla pulizia di tutte le superfici della casa, mentre lei svuotava i primi scatoloni, mettendo in ordine libri e vestiti, e sistemando lenzuola e coperte sul letto. Calata la notte, lui si fermò a osservare il panorama dalla finestra del salone. Le pareti arancioni  della stanza erano illuminate dalle luci elettriche, Angel era seduta sul pavimento e tirava fuori pentole e padelle da un grosso pacco su cui troneggiava la scritta “CUCINA”.

– Da qui, New York sembra proprio la città che si vede nei film.

Lei si alzò e lo raggiunse, affacciandosi. Capì cosa intendeva, di fronte alla distesa di palazzi altissimi, affiancati l’uno all’altro, e le luci che illuminavano le case in cui migliaia e migliaia di sconosciuti stavano vivendo le loro vite; sconosciuti che non avrebbero forse mai incontrato ma che condividevano gli spazi in cui anche loro due avrebbero scritto i nuovi capitoli delle loro esistenze. Rimasero in silenzio a contemplare il panorama. Poi lei si voltò verso di lui. – Ora sei ufficialmente un abitante della Grande Mela.

Ray le sorrise. – Sei il miglior comitato di benvenuto che potessi desiderare.

Angel si alzò sulle punte, e lo baciò sulle labbra. – Ti va di ordinare qualcosa da mangiare?

– Pizza?

– Proviamo quella che c’è sotto al palazzo? – chiese lei. Lui scosse la testa.

– Non credo sia una buona idea.

– Perché no?

– Perché è una pizzeria napoletana. Fanno della vera pizza – sottolineò l’ultima frase, con ovvietà.

– E…? – domandò la ragazza; lui sospirò.

– E quindi non faranno la pizza Hawaii. E immagino tu voglia quella.

– Che sciocchezza, siamo a New York! Certo che hanno la pizza Hawaii – fece Angel, sbuffando.

– Io scommetto di no.

– E io scommetto di sì.

Ray prese il cellulare e cercò su internet il numero della pizzeria, poi chiamò. – Salve, vorrei chiedervi un’informazione.

Angel incrociò le braccia, sul viso un’espressione di sfida.

– È possibile ordinare una pizza Hawaii nel vostro ristorante? – Lui rimase ad ascoltare la risposta. – Oh, non me lo dica. Lo so bene, questa domanda è un abominio. Mia nonna era italiana, veniva proprio da Napoli. Sì, nata e cresciuta lì. – Lanciò uno sguardo vittorioso ad Angel. – Non ordinerei mai niente del genere, stavo solo cercando di dimostrare qualcosa alla mia ragazza. E ci sono riuscito.

Lei fece schioccare la lingua.

– La ringrazio moltissimo. Buona serata anche a lei. – Ray attaccò, e si rivolse ad Angel con un’espressione trionfante. – Come avrai intuito, non ce l’hanno.

Lo guardò con il broncio. – Sei veramente scemo.

– E tu hai dei gusti orribili, ma nessuno è perfetto. – Ray si mise a cercare qualcosa sul suo cellulare.

– Che fai? – fece lei, osservandolo mentre scorreva col dito sul display.

– Cerco un’altra pizzeria nel vicinato che ti faccia quella maledetta pizza Hawaii.

Angel gli tolse il cellulare di mano e gli saltò al collo, baciandolo. Lui la sollevò tra le braccia, ricambiando il bacio. – Hai davvero dei gusti tremendi, comunque.

– Oh, sta’ zitto, Ray.

 

– Una pizza grande, divisa a metà. Una parte al formaggio e l’altra Hawaii. Con molto, molto ananas. Ricopritela di ananas.

Angel si rotolò tra le lenzuola, guardando Ray giocherellare coi suoi capelli, mentre parlava al telefono. – Perfetto, e tra quanto arriverà? – Arrotolò una lunga ciocca della ragazza attorno al suo dito. – D’accordo, grazie, a più tardi.

Attaccò, posò il cellulare per terra, accanto al letto e si voltò, abbracciando la ragazza. – Mezz’ora.

– Grande! – disse lei, appoggiando la testa sul suo petto. – Lo sai? Ad un certo punto, pensavo che avremmo sentito Michelle urlare “Fate piano”.

Ray scoppiò a ridere. – Be’, quello non sarà più un problema. Ora possiamo fare tutto il rumore che ci pare.

Angel sembrò riflettere su qualcosa. Lui se ne accorse. – Che c’è?

– Prima abbiamo battibeccato come una vecchia coppia sposata. Ed è solo il nostro primo giorno di convivenza. Anzi, le prime dieci ore. – disse lei.

– Oh, e scommetto che litigheremo ancora. – Ray le diede un bacio sulla testa, mettendosi a ridere. – Ci saranno un sacco di cose di te che mi faranno diventare matto. E viceversa.

– Del tipo? – chiese, con una smorfia.

– Vediamo un po’… – disse il ragazzo, guardando il soffitto. – A volte, dimentico di mettere a posto il tappo del dentifricio.

– Sei un criminale – fece Angel, e lui rise.

– E non è finita qui. – Lui incupì la voce, imitando quella di un cattivo da film. – Mi è capitato di prendere da bere e dimenticare le bottiglie fuori dal frigorifero. Per ore.

– Sicuro che sia legale? La condensa sui tavoli è un reato, ne sono abbastanza certa.

Ray la strinse più forte. – E invece cosa fai tu di terribilmente fastidioso?

– Niente, io sono perfetta – disse lei, con un sorrisetto impertinente. – Hai visto Michelle com’era triste all’idea di perdermi?

– Non me la bevo, bambina. Cosa mi nascondi? – chiese Ray, scrutandola attento e divertito.

– D’accordo. I capelli – ammise la ragazza.

– Che? – chiese lui, confuso.

– I capelli, nella doccia – chiarificò Angel. – Lascio tantissimi capelli nella doccia.

Ray scoppiò a ridere. – Okay, e poi?

Lei tamburellò un dito sul mento, mentre rifletteva. – Quando ho il ciclo, divento intrattabile.

– Soffri e sanguini per un’intera settimana, hai tutte le ragioni per essere intrattabile. – Avvicinò le labbra alle sue. – Questa non conta come cosa irritante. Trovane un’altra.

– Okay, allora i piatti sporchi nel lavandino – mormorò la ragazza. – Odio i piatti sporchi nel lavandino.

– Lascerò le mie tazze di caffè usate solo per farti arrabbiare – sussurrò lui, a fior di labbra. – Diventerò insopportabile.

– È un obiettivo piuttosto strambo.

– È che adoro l’idea di noi due che litighiamo come una vecchia coppia sposata. – La baciò di nuovo sulle labbra, a lungo. – E perché discutere con te di queste cose mi piace da impazzire.

– Secondo me ti piace di più l’idea di fare pace, dopo.

– Quello non guasta. – Ray stava per lanciarsi in un nuovo bacio, quando il suo cellulare squillò. Sbuffò, allungando il braccio verso il pavimento per afferrarlo. – Sì?

Si alzò velocemente dal letto. – Tredicesimo piano. Appartamento 42B. – Allontanò il telefono, e guardò Angel. – È la prima volta che dico a qualcuno il numero del nostro appartamento.

Lei ridacchiò, mentre lui si infilava i jeans. – Vado a pagare il fattorino. Tu aspettami qui, torno subito.

– Qui? – fece lei, sgomenta.

– Perché me lo chiedi così?

– Non mangeremo a letto.

– Dai, è la nostra prima notte nella nuova casa – piagnucolò Ray, ma lei negò con la testa.

– Niente cibo a letto! – intimò lei, e lui alzò gli occhi al cielo.

– Sei una vera despota – disse, e uscì fuori. Angel lo sentì parlare col fattorino, poi chiudere la porta. – Amore, vieni, c’è la tua orrenda pizza, che non possiamo mangiare a letto perché hai deciso che mangiare a letto è proibito.

Angel scoppiò a ridere, e si alzò. Si coprì con la maglia che Ray aveva abbandonato a terra e lo raggiunse nel salone.

– Non abbiamo ancora un tavolo, né un divano. Quindi mangeremo a terra – disse lui, passandole il cartone della pizza. – Tieni questo, per favore.

Sistemò una tovaglia rossa presa dallo scatolone “CUCINA” sul pavimento.

– Faremo una sorta di picnic. Tu, io, e una pizza Hawaii.

– L’appuntamento dei sogni – disse lei, sedendo sulla tovaglia, appoggiando accanto a sé il contenitore ancora fumante.

Lui si fermò a guardarla. I suoi movimenti, i suoi gesti. La vide tirare fuori dallo scatolone dei tovaglioli. – Hai proprio ragione.

– Non vieni a mangiare? – chiese la ragazza, voltandosi a guardarlo. Lui annuì, prendendo posto accanto a lei. Angel prese una fetta di pizza e gliela avvicinò alla bocca. – Ora dai un morso e assapora la bontà dell’ananas con il formaggio.

– Ho già assaggiato questa schifezza – disse lui, mordendo la pizza. Mandò giù il boccone, e sospirò. – È una combinazione sbagliata. Per questo preferisco la mia metà.

Prese una fetta di pizza al formaggio, ma non la mangiò subito. Si fermò a osservare la pizza, la stanza, la finestra alle sue spalle. Poi guardò Angel, seduta accanto a lui. Si accorse che lei lo scrutava, incuriosita.

– Cos’hai?

– Questa è casa nostra – disse lui, con un sorriso soddisfatto. – Questa è davvero casa nostra.

Lei annuì, ridendo. – Sì, lo conferma anche il contratto d’affitto.

– Ti amo, Ange. Ti amo da morire.

Lei lo baciò sulla guancia. – Ti amo anch’io, ma devi ricordarti di mettere a posto il tappo del dentifricio, oppure potrei ucciderti. Intesi?

– Farò il possibile.

 

Episodio Dodici

Editing: Gloria Macaluso

“Dodici” è la serie spin-off legata al romanzo Dodici Giorni.
Acquistalo su Amazon in formato cartaceo o e-book a questo link: Dodici Giorni Shop

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *