Dodici La Serie – Episodio 11

23 settembre 2006,

Starbright Beach, Los Angeles, California

 

Una lunga ciocca di capelli castani era scivolata in avanti, e per evitare che finisse nel suo gelato allontanò la coppetta, appoggiandola sulla panchina. Sistemò la ciocca, spostandola dietro l’orecchio, e riprese a mangiare. Notò che portava il cucchiaino alla bocca con molta delicatezza.

– Ti piace?

– Sì, davvero buono. E il tuo com’è?

– Fantastico! Biscotti e crema è il mio gusto preferito – disse lui, allegro. – Allora… ti senti meglio?

Lei annuì, gettò in un cestino la coppetta vuota, e vide che lui si era chinato a guardarla, attento.

– Sicura?

– Sì – confermò. Era arrossita, sembrava imbarazzata. Aveva ancora la punta del naso arrossata per via del pianto. – Grazie, Edge.

– Non ringraziarmi – fece il ragazzo, dandole un buffetto sulla guancia. – Ora puoi dirmi cos’è successo?

– Niente di grave, non preoccuparti – rispose, abbassando lo sguardo.

– Non ti va di parlarne, eh? – aggiunse Edge, facendo un sorrisetto comprensivo. – D’accordo, allora non insisterò.

Passeggiarono attraverso il parco centrale della città, uno accanto all’altra. Il sole proiettava le ombre degli alberi sul terreno. Quando i raggi di luce le colpivano i capelli, questi si riempivano di riflessi ramati, e lui pensò che erano davvero belli. Era la prima volta che si trovava da solo con Angel McMahon. Lei era una sua compagna di scuola, ma loro due non erano troppo in confidenza. Anzi, a dire il vero non avevano mai parlato prima di quel pomeriggio, nonostante fossero entrambi buoni amici di Ray. L’aveva incontrata che piangeva, mentre camminava per strada. Non aveva voluto dirgli cosa le fosse successo, ma non poteva certo lasciarla da sola in quello stato. Quindi le aveva passato un casco, detto di reggersi forte a lui, erano montati sulla sua moto e l’aveva trascinata a prendere un gelato. – Non c’è niente che un gelato non possa sistemare – aveva detto, e si erano fermati a mangiare davanti al parco.

Adesso sembrava più serena. Si offrì di accompagnarla a casa, e pochi minuti più tardi la salutò sull’uscio di casa sua e se ne andò. Caroline e suo padre non c’erano. Entrò nella sua stanza, si tolse le scarpe e afferrò il basso. Suonò fino a sera, non controllò l’orario. Era così concentrato da non aver sentito neppure la voce di suo padre: lo aveva chiamato per la terza volta. Sussultò. – Pa’, mi hai fatto prendere un colpo! Ma quando sei arrivato?

– Circa un’ora fa. – Greg Baker rise, appoggiato alla porta. – Bentornato sulla terra!

– Mi stavo esercitando – disse lui, e improvvisamente sentì anche la stanchezza sulle dita. – Ma che ore sono?

– Le otto passate, e la cena è quasi pronta. C’è Ray al telefono, te lo passo o gli dico di chiamare più tardi?

– Passamelo, dobbiamo parlare di una cosa importante.

Il padre annuì e richiuse la porta, Edge appoggiò con cura il basso sul suo letto e si diresse al telefono fisso nella sua camera. – Allora? Che ti ha detto?

Quello si prese una pausa, sospirando. – Che mi faccio troppi problemi.

– Be’, è vero. Ti fai sempre troppi problemi.

Ma era la mia prima volta, non volevo che fosse… spiacevole per lei.

– Ray, ma che diavolo ti importa se è stato spiacevole per lei! Anche la mia prima volta è stata disastrosa – disse Edge, serio. – L’importante è che sia piaciuto a te.

Già… – Avvertì un’incertezza nella voce dell’altro, e decise di indagare più a fondo.

– A te è piaciuto, Ray? Ieri sera mi avevi detto che era andato tutto a posto. Perché ora ho l’impressione che non sia più così?

Oh, Edge… non lo so. Credo di sì, credo mi sia piaciuto.

Credi? – chiese, stranito.

Non lo so, d’accordo? È solo che me lo aspettavo… diverso. Mi sento così strano…

– Perché questo è un momento di passaggio! Ieri eri un moccioso e oggi sei un vero uomo.

Tu dici? Io invece sto iniziando a pensare che forse… in realtà non ero pronto. Magari… avrei dovuto aspettare ancora.

– Ma che aspettare ancora! – fece Edge, deciso. – Ne abbiamo già discusso dozzine di volte! Ray, hai quindici anni suonati, era davvero arrivato il momento di perdere la verginità. E poi voi due state insieme da un sacco di tempo, quanto volevi farla aspettare?

E allora perché mi sembrava tutto sbagliato?

– Perché è una cosa nuova. Col tempo ci prenderai la mano, queste cose richiedono pratica. – sghignazzò lui, l’altro sospirò.

Edge…mi sono sentito vuoto, dopo… solo.

Amigo, ascolta, devi solo rilassarti. Chiaro?

Chiaro.

– Scommetto che non è stato così tremendo. E bada bene che per quanto mi disgusti l’idea del mio migliore amico che fa sesso, sono qui a consolarti.

Ray rise di nuovo, più disteso.

– Va meglio, adesso?

Sì, adesso sì. Grazie, amigo.

– Oh, prima che mi dimentichi! Oggi ho incontrato Angel.

Davvero? Io le ho parlato proprio stamattina, sai… volevo raccontarle di ieri sera. Ma sono riuscito solo a dirle due parole, a un certo punto è scappata.

La consapevolezza di cosa era successo colpì Edge come un fulmine. Si batté una mano sulla fronte. Ecco perché stava piangendo, Angel era innamorata di Ray! Ma certo, era così chiaro adesso…

Aprì la bocca per dire a Ray cosa aveva appena realizzato, ma prima di parlare, decise di tenere per sé la sua scoperta. Non voleva metterla in imbarazzo. Pensò che Angel avrebbe preferito mantenere riservata quella notizia. – Ecco… sì, in effetti aveva molta fretta di tornare a casa.

– Edge! – chiamò la voce di Caroline dalla cucina, accompagnata da un rumore di pentole e piatti. Sentì suo padre ridere per qualcosa. – Vieni, è pronto!

– Ray, devo andare. Tu fa’ il bravo e non arrovellarti quel tuo cervellone sempre in moto, mi raccomando.

Ci proverò.

 

Ray Johnson mise il telefono sulla scrivania e si avviò alla finestra. Spalancò le ante e inspirò l’aria fresca della sera di fine settembre. Il cielo sereno sfumava verso una bellissima tonalità di blu elettrico. Appoggiò i gomiti al davanzale e guardò in strada. I figli dei vicini stavano giocando a rincorrersi nel giardino. Non riusciva a scacciare quella sensazione così amara che lo stava tormentando dalla sera precedente, e che non aveva fatto che acuirsi. Abbandonò la finestra e sedette alla scrivania. Aveva un gran bisogno di parlare con Angel e chiederle perché se ne fosse andata così bruscamente. Accese il computer, selezionò l’icona di Windows Live Messenger e scorse tra le persone attive e disponibili al momento, cercandola. Il nickname AngelPagey era illuminato di verde, e stava per cliccarci sopra quando fu interrotto da un messaggio istantaneo di Evis.

 

Queen E scrive:

Come stai, amore?

 

Quel giorno era iniziato col piede storto. Prima aveva incontrato Angel, che dopo due parole se l’era svignata alla velocità della luce. Poi aveva visto Evis, e la conversazione avuta con lei quel pomeriggio, durante la quale gli aveva parlato di com’era a letto il suo ex Ronnie Wolden con l’intento di incoraggiarlo e dirgli che lui, dopotutto, non era stato così terribile, era stata sgradevole quasi quanto la serata precedente. Evis era la sua ragazza da quasi un anno, si erano messi insieme nel dicembre dell’anno prima. Ray era ancora vergine a differenza della ragazza, e i due non erano mai andati oltre i baci e qualche carezza un po’ più spinta. E poi Evis lo aveva invitato da lei, la sua famiglia era fuori città per badare al nonno. Era arrivato alle sette in punto, avevano guardato un film, mangiato cinese, e poi erano saliti nella cameretta. Non sapeva cosa fare, si sentiva imbranato e inadatto.

Evis gli aveva detto che doveva pensare di meno, forse aveva ragione lei, così come gli aveva suggerito di fare Edge, il suo migliore amico, ma lui proprio non riusciva a scacciare la sensazione di aver bruciato le tappe troppo in fretta e che quello, almeno per lui, non era stato il momento giusto. Amava Evis, ma era come se a volte lei non riuscisse a capire i suoi stati d’animo, per quanto lui si sforzasse di condividerli. Non si sentiva più uomo dopo aver fatto l’amore per la prima volta. Affatto.

Rispose ad Evis, le dita volavano sulla tastiera.

 

Strayder scrive:

Bene, amore.

 

Queen E scrive:

Sicuro?

 

Strayder scrive:

Sì, tranquilla

 

Queen E scrive:

C’è una cosa che ho sempre voluto chiederti, sai?

 

Strayder scrive:

Di che si tratta?

 

Queen E scrive:

Perché “Strayder”? Che vuol dire?

 

Strayder scrive:

Hai presente Il Signore degli Anelli?

 

Queen E scrive:

Oddio, è una roba da nerd?

 

Ray guardò quella frase per qualche secondo, prima di rispondere, incerto su come avrebbe dovuto sentirsi. Offeso o divertito?

 

Strayder scrive:

Aragorn, il Re, si presenta come Strider all’inizio, “Grampasso”. Ci ho infilato il mio nome in mezzo, e ne è venuto fuori Strayder.

 

Queen E scrive:

Che noia, speravo in qualcosa di più grintoso!

 

La faccina sorridente che aveva aggiunto a quella frase non servì ad addolcire la fitta di umiliazione che andò a sommarsi al suo già esteso malumore.

 

Queen E scrive:

L’unica cosa che apprezzo de Il Signore Degli Anelli è Orlando Bloom, con la parrucca bionda… che personaggio interpreta?

 

Strayder scrive:

Legolas. Un elfo.

 

Queen E scrive:

Uh, sembra figo. Sono fighi gli elfi, no?

 

Strayder scrive:

Sì, anche se la storia è complessa…

 

Queen E scrive:

Okay, allora io faccio il tifo per gli elfi. Io potrei essere un’elfa? Sono bellissima!

 

Strayder scrive:

Sì, sei bellissima, ma non c’è un tifo… se vuoi posso prestarti i libri, così ne parliamo meglio.

 

Queen E scrive:

I libri!? Ma sei matto, è tipo una roba lunghissima! Mi rifiuto persino di vedere tutti quei film.

 

Strayder scrive:

Guarda che ne vale la pena

 

Queen E scrive:

No, grazie! Passo… Certo che sei fortunato ad essere così bello, tu! Altrimenti saresti solo un nerd sfigato. Ma non riesco proprio a farti diventare più fico?

 

Aveva aggiunto un’altra faccina sorridente, ma a quel punto i suoi sentimenti confusi si erano definiti e si sentiva offeso. Al punto che decise di troncare la conversazione.

 

Strayder scrive:

Purtroppo sono un nerd sfigato fino al midollo. Non credo che cambierò mai.

 

Queen E scrive:

Sì, ma sei davvero carino, quindi compensi alla perfezione

 

Strayder scrive:

Grazie, è una vera consolazione. Scusa, piccola… ho un po’ da fare. Ti spiace se stacco?

 

Queen E scrive:

No, prob! Ci sentiamo più tardi, amore. A dopo.

 

Ripensò a quando aveva parlato con Angel del suo nickname e lei aveva detto “Strayder? Non dirmelo… Aragorn?”

Lei aveva capito al volo, e avevano parlato della storia per tutto il pomeriggio. Con Angel era sempre così, e certe volte non avevano nemmeno bisogno di parlare per comunicare. Era tutto istantaneo, fluido. Perfetto. Forse per questo era rimasto così sconvolto quando lei se n’era andata, quella mattina.

Chiuse la pagina della conversazione con Evis e cercò di nuovo il suo nickname. AngelPagey era ancora online. Cliccò sopra quel nome immediatamente, accanto al riquadro dove fino al giorno prima lei aveva tenuto una foto di loro due insieme. Ora invece c’era un’immagine sua e della sua amica Jennifer, di spalle.

Aveva tolto la loro foto, ma perché? Si sentì ancora più irritato, ma decise di non darglielo a vedere.

 

Strayder scrive:

Tutto okay, Ange?

 

Rimase a osservare la pagina web per un po’, senza ricevere risposta. Pensò di sollecitarla con un trillo, ma prima che potesse fare alcunché, sentì il campanello di un messaggio e lesse:

 

AngelPagey scrive:

Sì, a te?

 

“Sì, a te?”, soltanto questo? Dopo averlo mollato in quel modo? Stava per perdere del tutto la pazienza: rispose animatamente, e di conseguenza anche la conversazione divenne più veloce.

 

Strayder scrive:

Non sono io quello che è scappato via da un momento all’altro.

 

AngelPagey scrive:

Non sono scappata via, te l’ho detto, avevo da fare

 

Strayder scrive:

E io avevo bisogno di parlare con la mia migliore amica.

 

AngelPagey scrive:

Abbiamo parlato, mi sembra

 

Strayder scrive:

A me no. Ti ho solo detto mezza frase e tu sei scappata via.

 

AngelPagey scrive:

Stai usando un sacco di punti. Di solito non lo fai.

 

Strayder scrive:

E tu di solito non mi pianti in asso.

 

AngelPagey scrive:

Avevo da fare.

 

Strayder scrive:

Dimmi cosa c’è che non va, ti prego

 

AngelPagey scrive:

Non c’è niente che non va.

 

Strayder scrive:

Ora sei tu quella che usa i punti

Non cambia niente tra noi due, lo sai, vero?

 

Angel non rispose, e lui pensò di aver centrato il punto. Temeva che adesso la loro amicizia sarebbe stata messa in secondo piano? Era davvero una stupidaggine!

Spense il computer e corse al piano di sotto. Suo padre stava apparecchiando la tavola, mentre la mamma era alle prese coi fornelli. – Ray! Dove stai andando?

– Torno subito, papà!

– La cena sarà a tavola tra mezz’ora.

– Sarò puntuale – promise, e si fiondò fuori, saltò sulla sua bici e corse verso il numero 4 di White Roses Road. Corse velocissimo, non vedeva l’ora di vederla. Quando fu davanti al prato, lasciò la bici sull’erba e corse sul pianerottolo. Fece per bussare, ma lei aprì la porta mentre lui aveva ancora la mano sospesa.

– Tu sarai sempre la mia migliore amica.

Lei abbassò lo sguardo. – Ray…

– Non ti metterò da parte. Non voglio che lo pensi nemmeno per un secondo.

Angel lo guardò. I suoi occhi verdi lo scrutarono obliqui. I capelli castani scivolavano morbidi sulle sue spalle. Le labbra curvate in un’espressione indecifrabile. – Quello che penso io non è importante.

Si accalorò, facendo un passo in avanti. – Certo che lo è. Per me è importante!

Fece per aprire la bocca, e Ray ebbe l’impressione che stesse per dire qualcosa, ma non pronunciò alcun suono. Aprì le braccia e lei ci si fiondò in mezzo, scoppiando a piangere, senza più controllo.

La strinse forte e si senti ancora più strano di quanto si fosse sentito per tutto il giorno. Non sapeva perché stesse piangendo, forse perché aveva temuto di perderlo, ma lui non sarebbe andato proprio da nessuna parte. – Ero serio, le cose tra noi non cambiano. Continueremo a vederci, guarderemo film, leggeremo libri. Tutte le cose che abbiamo fatto finora, continueremo a farle. Te lo giuro. Non le cambierei per niente al mondo, mi credi, vero?

 

Angel McMahon annuì. Per un attimo aveva davvero pensato di confessargli tutto quello che provava da mesi. Da quel giorno in cui avevano guardato insieme l’ultimo film di Star Wars e avevano riso, mangiato popcorn e bevuto aranciata. Gli avrebbe detto che lui era speciale, che per lei era diventato tutto. Che lo amava. Non era sicura di cosa fosse l’amore ma pensava di provarlo, per lui. Tuttavia non disse nulla, e si limitò a sorridere, e asciugarsi le lacrime. E solo a pensare che aveva fatto l’amore con Evis le lacrime tornavano a pizzicarle gli occhi.

Quanto le aveva raccontato cos’era successo a casa di Evis, l’aveva distrutta. Glielo aveva rivelato con la voce tremante e lei aveva sentito con dolorosa chiarezza il cuore spaccarsi in mille pezzi, non aveva retto. Era scappata. Era vero. Ma come avrebbe potuto guardarlo in faccia e fingere che il suo petto non si stesse lacerando? Lasciò che credesse alla storia della paura di perdere la sua amicizia. In fondo, era giusto così. Ray aveva una ragazza. E lei non si sarebbe messa in mezzo, per niente al mondo. Avrebbe continuato ad amarlo da lontano, sperando che fosse sempre felice. Che il suo dolore ne valesse la pena.

Lui le diede un bacio sulla guancia e si allontanò. – Ti chiamo più tardi, okay?

Annuì, la guancia andava a fuoco. – O-okay.

Rimase a guardarlo mentre si allontanava, col cuore ancora palpitante. E sperò davvero di smettere di amarlo, prima o poi.

 

 

Episodio Undici

Editing: Gloria Macaluso

“Dodici” è la serie spin-off legata al romanzo Dodici Giorni.
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